
Secondo l’accusa, Alfieri avrebbe stretto un accordo con Roberto Squecco, imprenditore locale già condannato per 416 bis e ritenuto organico al clan Marandino. In cambio dell’appoggio elettorale ricevuto nel 2019 per l’elezione a sindaco, Alfieri avrebbe garantito la permanenza nella disponibilità di Squecco di una struttura balneare già colpita da provvedimenti ablatori. La promessa avrebbe resistito finché la struttura non è stata in parte abbattuta, per ragioni di pubblica sicurezza. Da lì, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbero iniziate le minacce, recapitate ad Alfieri tramite figure interne al Comune: un agente della polizia municipale, un dipendente dell’ufficio cimiteriale e un’assessora che oggi risulta tra gli arrestati ai domiciliari per aver detto il falso all’autorità giudiziaria. Le pressioni non sarebbero bastate. Così Squecco avrebbe contattato tre soggetti provenienti da Baronissi per commissionare un attentato esplosivo contro Alfieri. Il progetto, documentato con mappe e sopralluoghi, non fu portato a termine per un mancato accordo economico.
L’inchiesta è durata due anni, dal 2022 al 2024. E arriva dopo un primo arresto, quello del 3 ottobre scorso, in cui Alfieri era stato coinvolto in un’indagine su appalti truccati. Si era dimesso da ogni incarico politico.