Se venisse proposto un questionario su ciò che fa sentire più incompleti in questi mesi di restrizioni, potrebbe schizzare in cima alla lista l’obbligo di distanziamento sociale, la privazione degli abbracci, delle carezze, di ciò che trasmette all’altro il profondo sentimento di affetto e intimità che ciascuno riserva alle persone care.
Si va avanti, affrontando questa sfida, giunta al secondo round, ma la voglia di assembramento, di avvicinarsi gli uni agli altri, è dietro l’angolo. Tenta di sedurre con il suo fascino, si propone con il proprio carico di spontaneità, di voglia di ridere, scherzare, cantare, essere felici, anche se per pochi attimi rubati.
Ma quanto è sfuggita dalla mente quella felicità?
Il cuore la acclama. E ci si ritrova a pensare ai tanti momenti dei quali solo oggi si riesce ad apprezzare il valore, come di tutto ciò di cui si viene privati, come quando viene a mancare la presenza di una figura cara che scompare ex abrupto.
E scende la notte. Tutto si ferma.
Con il Covid è così.
L’inquietudine nasce dal vuoto che si prospetta davanti allo sguardo attento di chi è abituato a riflettere sul proprio futuro. Si interroga su ciò che sarà e non riesce a trovare le risposte che vorrebbe.
Le ripercussioni psicologiche di questo isolamento sono ancora vaghe. Il tempo e gli approfondimenti daranno risposte soddisfacenti. Ciò che resta è il senso di vuoto, di silenzio, di privazione.
Una domanda per i lettori di Agro Today:
tra le misure imposte dal governo per il contenimento del contagio, quali restrizioni vi provocano maggiore disagio?
Cosa vi trasmette maggiormente la sensazione di essere stati privati della libertà di estrinsecare i vostri stati d’animo?
Qual è la prima cosa che desiderate riprendere a fare?
– Andare in palestra
– Tornare allo stadio
– Uscire per una cena con amici
-Godere la visione di una pellicola in una sala cinematografica
-Andare a teatro
-Assistere a un concerto
MARIA ROSARIA VITIELLO