Nella giornata della triste perdita di Ezio Bosso, un grande artista, ma soprattutto un grande comunicatore: di bellezza, arte, sensibilità. Parliamo di empatia. Non c’è bisogno di darne una definizione, è ormai un termine o concetto che dir si voglia, inflazionato. Un po’ come Resilienza, che come il nero, si abbina a tutto.
Beh, empatia è “farsi i fatti dell’altro”, ma non come la signora del terzo piano che sbircia dalla finestra per sapere se esci, quando esci, se porti qualcuno a casa. Empatia è quello che ti permette di guardare negli occhi una persona, trovarci una lacrima e farla venire anche a te. Quindi, oggi, con la morte di Bosso, tanti hanno sviluppato questa empatia nei suoi confronti. Sicuro che non abbiate coniato un nuovo concetto? Tipo: iĺ mettersi in mostra o la passerella sempre? No, perché, molti li ricordo quando nel 2016 Ezio Bosso si esibì sul palco di Sanremo e non esitarono a scrivere che la sua bravura era stata enfatizzata dalla sua disabilità. Anche quello fu sicuro dimostrarsi empatici, con gli idioti che si attaccarono a tutto, pure alla sua pettinatura, pur di “salire sul palcoscenico dei social”.
Eppure il “disabile” ci aveva messo tutti con le spalle al muro, col suo discorso, dopo il racconto con le sue note: Following a bird. Prima ci fece volare e inseguire le note sulle ali di un passerotto, poi parlò di “assenza di ascolto”, di mancanza di comunicazione gli uni con gli altri, di poca presa in carico di responsabilità dell’altro. Perché presi esclusivamente da noi stessi, in primis. E questo è ancora il succo, anche oggi, condividiamo, ma solo per mettere in mostra noi stessi, non altro per comunicare quanto ci manca una persona. Arrivederci Ezio.