
Ora che la scuola sta “cambiando pelle”, navigando a vista verso lidi ignoti, mi sembra essenziale ragionare sul sistema dei cosiddetti “crediti scolastici”, che implicano una visione deterministica e ragionieristica della valutazione intesa come mero calcolo.
Il credito con cui ogni studente viene ammesso all’Esame di Stato è la somma di tre fermo- immagine.
Se in quinta liceo ( e sottolineo liceo, perché è l’unico ordine di scuola di cui ho conoscenza ) prendo un credito rispondente alla media dell’otto , mentre negli anni precedenti ho preso voti più bassi e , quindi, crediti inferiori, verrò ammesso agli esami addizionando i crediti conseguiti nel triennio.
Per diventare un bravo sarto ci vuole del tempo. Quando avrò finito di andare a bottega, si valuterà se sono capace di cucire un buon abito, non interessa a nessuno sapere se prima ero meno capace , meno attento, meno impegnato.
Il sistema dei crediti nega in radice lo sguardo del possibile, che deve essere lo sguardo della scuola.
Eliminare i voti non è possibile, anche le scuole che li eliminano “durante” poi DEVONO per legge utilizzare i voti negli scrutini intermedi e finali.
L’ansia da “credito scolastico” rimane comunque , inficiando la tesi secondo la quale l’eliminazione dell’ansia consentirebbe un apprendimento migliore.
A Costituzione invariata, eliminiamo almeno il sistema dei crediti, lasciando agli studenti la libertà di nascere tondi e morire quadri ( e viceversa) e ai docenti quella di evitare pentimenti agli scrutini di ammissione quando si dice “peccato che non ha preso il massimo dei crediti negli anni precedenti “ oppure
“è stato un pò sopravvalutato in terza e in quarta, mò pare brutto smentirci” .
Aspettiamo la fine del percorso: liberateci dal sistema dei crediti e ammettiamo agli esami con i voti dello scrutinio finale.
Non interessa quanta stoffa hai rovinato prima di imparare a fare un bel vestito, come non interessa che sei stato un bravo apprendista, se poi alla fine il vestito non lo sai cucire.