All’inviato del Corriere della Sera il segretario comunale di Cetara aveva detto: “Il disastro è immane, spaventoso e terribile. Il fiume che attraversa il nostro sventurato paese, ingrossatosi nella notte sotto la furia dell’uragano, ha travolto tutte le case dalla parte alta del paese. Non possiamo precisare il numero delle vittime”.
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Venticinque morti a Maiori, mentre se ne contavano più di cento a Cetara, “una tomba che non renderà più i suoi morti” come scrisse l’inviato Guelfo Civinini sul Corriere della Sera. Con la Croce Rossa e i militari arrivarono anche i fotografi della rivista più importante e moderna dell’epoca, L’Illustrazione Italiana.
Manlio Casaburi, giornalista salernitano che scriveva su Il giornale della Provincia, riuscì a intrufolarsi nel codazzo del sovrano in visita pastorale. Scrisse: “Il Re, con passo svelto, tra Sua Eccellenza Sacchi e il Prefetto, comincia a salire verso la parte alta del paese, soffermandosi spessissimo a guardare i crepacci e le spaccature dei palazzi […] Guarda con evidente impressione il terribile disastro e, poiché vede che l’altezza del materiale che ha seppellito Cetara raggiunge il secondo piano dei palazzi, rivolgendosi al Prefetto, gli domanda: ‘Ma è ghiaia questa?’ E il prefetto: ‘Sì, tutta ghiaia, Maestà’. Al suo ritorno a Roma, sconvolto da quello spettacolo di distruzione, Vittorio Emanuele mise subito a disposizione del Presidente del Consiglio dei Ministri cinquantamila lire per gli aiuti e la ricostruzione”.