
Finale di partita (Endgame in Inglese) è un testo teatrale scritto negli anni cinquanta, ma ancora oggi terribilmente attuale. E in questo articolo vi spiego perché tutti dovrebbero leggerlo.
I protagonisti sono Hamm, un anziano signore cieco e incapace di reggersi in piedi, e il suo servo Clov, che al contrario non è capace di sedersi. Trascinano la loro esistenza in una casetta in riva al mare, ma dai dialoghi sembra invece che all’esterno non esista più nulla: né mare, né sole, né nuvole. I due, dipendenti l’uno dall’altro, hanno passato anni a litigare e continuano a farlo mentre si svolge l’opera. Clov vorrebbe continuamente andarsene, ma, a quanto pare, non ci riesce. In scena sono presenti anche i vecchissimi genitori di Hamm, Nagg e Nell, che sono privi di gambe e vivono dentro due bidoni della spazzatura situati in primo piano a sinistra.Il titolo è ispirato al modo in cui viene chiamata l’ultima parte di una partita a scacchi, quando sulla scacchiera non sono rimasti che pochissimi pezzi. Beckett era famoso per essere un appassionato di questo gioco ed il rifiuto di Hamm di accettare la fine imminente può essere paragonato a quello dei giocatori dilettanti che continuano a giocare non accorgendosi dell’inevitabile sconfitta, mentre i professionisti, di fronte ad una chiara situazione di svantaggio, sono soliti arrendersi abbandonando la partita. Si può dire che Hamm rappresenti il Re e Clov l’ultimo pedone rimasto.
Ognuno di questi quattro personaggi è costretto a vivere in una sorta di bunker, poiché l’ambiente esterno sembra essere andato distrutto a causa di una qualche non ben identificata catastrofe.
Tutti i personaggi sono affetti da patologie che, in qualche misura, rendono la loro esistenza difficile. Nagg e Nell, ad esempio, sono senza gambe e vivono ognuno dentro un bidone della spazzatura. Hamm è cieco e infermo su una sedia a rotelle. Clov invece, per una qualche strana malattia, non può sedersi ed è perciò costretto a rimanere sempre in piedi.
I quattro personaggi, piuttosto strani e sopra le righe, portano avanti tra loro dialoghi apparentemente assurdi, in cui evocano una vita passata ormai lontana, quando fuori dal bunker l’ambiente non era così ostile come è in quel momento.
La vita evocata dai loro discorsi sembra essere di gran lunga migliore rispetto all’esistenza che stanno vivendo dentro il bunker. A ben vedere, anzi, quella che vivono è una sorta di non-vita, scandita da ritmi e rituali sempre uguali a se stessi, senza alcun significato.
Ad ogni modo questa situazione strana e inverosimile sembra che stia per giungere al termine, come suggerisce il titolo stesso del testo.
Clov è seriamente intenzionato ad uscire dal bunker, lasciando solo Hamm, il quale nel corso della vicenda ha perso entrambi i genitori, senza soffrirne, accettando la loro morte.
E sebbene, apparentemente, Hamm tenti sempre di rimandare l’inevitabile addio con quello che è una sorta di figlio adottivo, Clov sul finire della vicenda rimane comunque sulla soglia e il lettore/spettatore non ha idea se alla fine decida di andarsene oppure no.
Hamm, dal canto suo, sembra accettare con totale indifferenza la dipartita di Clov, come se questa faccia inevitabilmente parte del “gioco” della vita.
È un testo in cui Samuel Beckett rende difficile la vita allo spettatore/lettore. Non solo la situazione raccontata è strana e difficile da capire, così come lo sono gli stessi personaggi, ma anche quello che dicono risulta assurdo e quasi incomprensibile…
Finale di partita è un testo che non si può affrontare con superficialità. I suoi dialoghi non sono mai fini a se stessi e nascondono un secondo significato. Per riuscire a capirne o quanto meno a intuirne il senso, bisogna andare oltre alla loro assurda ripetitività.
E sotto questo punto di vista, merita una riflessione anche il titolo stesso Finale di partita. Con questo termine si indica la fase finale di una partita di scacchi, gioco di cui Samuel Beckett era un grande appassionato. In questa ultima fase di gioco, sulla scacchiera sono rimasti poche pedine e il giocatore esperto sa quando smettere di giocare… Sa cioè quando non può far niente per ribaltare le sorti della partita e vincerla. L’inesperto invece, continua a provare a vincere, anche quando la sconfitta è inevitabile.
A ben vedere quindi, lo stesso titolo contiene una sorta di “spoiler” e ci dice fin da subito che qualcuno è destinato a perdere la partita. E quellagiocata dai protagonisti di Beckett è la partita della vita. O meglio della sua comprensione. Nagg e Nell, i genitori di Hamm, rimpiangono un’esistenza ormai passata che non si ripeterà più. Ma anche lo stesso Hamm e in minor misura il giovane Clov nei loro discorsi surreali ricordano una vita che era migliore del loro presente, così triste e spoglio.
Tutta la vicenda infatti sembra una riflessione sul significato della vita, del suo trascorrere inesorabile.
Come ai genitori di Hamm, capita anche a noi di rifugiarci nel nostro passato, di considerare quel che c’è stato prima migliore di quel che viviamo ora. D’altronde, quante volte si sentono discorsi nostalgici del tipo “si stava meglio quando si stava peggio“, dove il prima sembra essere sempre migliore rispetto al presente?
Ma Beckett ci sfida e ci chiede se le cose stanno davvero così. Se è vero che il passato è sempre migliore del presente. E lo fa proprio attraverso il giovane Clov, che sul finire del testo non esce dalla stanza ma rimane sulla soglia perché la sua voglia di cambiare, di andarsene è bloccata da un fuori, un futuro del tutto incerto.
Samuel Beckett ci dona, quindi, una visione davvero poco rosea del futuro. E lo fa con il suo tipico cinismo che si manifesta attraverso un’ironia irriverente e pessimista.
Del resto, se consideriamo il periodo in cui Beckett ha scritto questa opera teatrale, gli anni cinquanta, il suo pessimismo è del tutto comprensibile. Era da poco terminato il secondo conflitto mondiale. Il mondo era ancora turbato e scosso dall’orrore di una guerra totale e dal terribile spettro del nazifascismo, sconfitto da poco. Intere città erano distrutte. Essere ottimisti in quel periodo deve essere stato davvero difficile.
Ma anche oggi, con la crisi geopolitica che investe il mondo e il cambiamento climatico in corso la prospettiva di un futuro felice sembra dissolversi. Finale di Partita è, infatti, sotto questo punto di vista un testo terribilmente attuale. Dietro un’ironia a volte quasi circense, nasconde un’ amara sfiducia nei confronti della società.
I personaggi dell’opera vivono una situazione statica ed immutabile: ogni giorno è uguale a se stesso, fino a che ciascun gesto e ciascun avvenimento assume un aspetto quasi rituale. Tra le righe del testo traspare chiaramente che i personaggi, nonostante la situazione assurda e fuori dal tempo in cui si trovano, hanno avuto una storia (ciò è vero specialmente per Nagg e Nell che insieme ricordano un giro in tandem sulle Ardenne). Tuttavia nessuna indicazione fa pensare che essi abbiano un futuro. Persino la morte di Nell, che avviene nella parte finale dell’opera, viene accolta come assolutamente normale e non provoca alcuna sorpresa. La situazione di isolamento e i costanti riferimenti agli aspetti di una civiltà che non esiste più, hanno fatto supporre a molti che Finale di partita sia ambientato in un’epoca successiva ad un disastro nucleare. Beckett ha però sempre negato che quest’interpretazione sia corretta. Theodor W. Adorno, uno dei più attenti interpreti del lavoro beckettiano ha sostenuto che l’opera fosse ambientata dopo la seconda guerra mondiale, in seguito ad azioni inimmaginabili perfino per l’uomo. E oggi, invece, a che punto siamo della partita-mondo ? Siamo messi male, forse addirittura peggio rispetto al pensiero “drammatico” di Beckett. Messi male nell’universale e nel particolare, nel panorama da mappamondo a quello che dista poco o nulla da noi. Esisterà ancora un tempo supplementare ?