
Alla quarta generazione industriale dei Petti è toccato il compito di organizzare alla grande il centesimo compleanno dell’industria conserviera che partendo da Nocera Superiore è diventata espressione di un vero e proprio brend nazionale. Complimenti a Pasquale e Veronica, senza trascurare gli applausi a chi nel tempo ha costruito tutto questo: dagli altri Petti alla mitica signora Maria. La Petti si sposa alla perfezione con San Clemente, un connubio perfetto, inattaccabile, percettibile a tutti. A San Clemente la fabbrica è una famiglia allargatissima, dove tutti hanno diritti e doveri.
L’etimologia della parola “fabbrica” deriva dal latino “fabrica”, che significa “officina” o “luogo di lavoro”. Questo termine latino, a sua volta, deriva da “faber”, che indica il fabbro o l’artigiano che lavora il metallo, ma in generale indica chiunque lavori con le mani o con strumenti. Per quel che percepiamo, la Petti non è solo un luogo di produzione, ma è anche un modello che integra aspetti sociali e culturali in senso lato. La fabbrica come luogo fisico di produzione e l’idea di fabbrica come sistema, che pone al centro l’uomo e la comunità. Un modello di impresa che integra la produzione con il benessere dei lavoratori e il coinvolgimento della comunità. E’ lontana da San Clemente l’eterna lotta padrone-operaio, pur rimanendo secondo logica distinti i ruoli. Forse è questa la forza per aver “resistito” 100 anni e per aver il coraggio di cominciare un altro secolo di vita all’insegna di nuove sfide. Uno dei tanti Barilla, ha detto: “Uno pensa che l’alimento sia ciò che c’è nel piatto. Invece è frutto di un processo, che ha a che fare con agricoltura, allevamento, acqua, gestione delle materie prime. Cose che hanno un impatto significativo sulla vita delle persone.” Ecco, dalla pasta arriviamo al sugo e aggiungiamo: cose che hanno un impatto significativo sulla vita sono soprattutto gli ambienti di lavoro, la stima reciproca, il venirsi incontro.