
Pasolini è tra i miei autori preferiti. Tuttavia non sempre viene scoperto negli anni del liceo.
Per fortuna l’ho apprezzato e studiato sin da adolescente ed amato ancora di piú da adulta.
È stato poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore, drammaturgo, pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista.
L’opera di Pasolini, scelta per l’analisi del testo per l’esame di maturità di quest’anno, è una sua poesia tratta dall’opera “Dal diario” (1943-1944), si tratta di “Appendice 1”, priva di titolo.
Il diario è stato redatto tra il 1943 e il 1944 nel pieno della Seconda guerra mondiale, e si presenta come un luogo di riflessione personale ove l’autore annota pensieri, paure e speranze riflettendo sulla complessità dell’epoca.
Mi ritrovo in questa stanza
col volto di ragazzo, e adolescente,
e ora uomo. Ma intorno a me non muta
il silenzio e il biancore sopra i muri
e l´acque; annotta da millenni
un medesimo mondo. Ma è mutato
il cuore; e dopo poche notti è stinta
tutta quella luce che dal cielo
riarde la campagna, e mille lune
non son bastate a illudermi di un tempo
che veramente fosse mio. Un breve arco
segna in cielo la luna. Volgo il capo
e la vedo discesa, e ferma, come
inesistente nella stanca luce.
E così la rispecchia la campagna
scura e serena. Credo tutto esausto
di quel perfetto inganno: ed ecco pare
farsi nuova la luna, e – all’improvviso –
cantare quieti i grilli il canto antico.
Le poesie raccolte in questa sezione sono state scritte quando Pasolini era a Casarsa, luogo natìo della madre, in cui lo scrittore bolognese visse durante la seconda guerra mondiale e nel dopoguerra ed è proprio lì che cominciò la propria attività di insegnante ed intellettuale comunista, sebbene credente.
Nelle sue svariate liriche la luna è un continuo riferimento, così come la Natura di leopardiano respiro, la campagna, la sua stanza, lo scorrere del tempo e dei suoi inganni, senza trascurare l’amore che il poeta, cresciuto ad Ostia, ha ben conosciuto e patito.
I generi diversi che Pasolini affronta simultaneamente (romanzo, teatro, cinema, la stessa attività saggistica) costituiscono un unicum organico, dallo stile inconfondibile e dall’onestà intellettuale che solo un uomo di cotanta caratura culturale, intellettuale e politica possono regalarci, facendo di lui uno dei più rilevanti esponenti della letteratura italiana del Novecento.
Come Pasolini anch’io mi rivedo ai tempi della mia adolescenza, col volto di ragazza, sognante e speranzosa, oggi donna e madre non priva di sogni, di velleità giovanile. Spesso nel silenzio della mia stanza da nubile, ove son ritornata, nel silenzio delle giornate frenetiche mi fermo a riflettere sull’immutabilitá del mondo, sebbene lo spirito sia cambiato, il cuore indurito, l’animo evoluto. Anche per me, come per il poeta marxista, la campagna scura e serena e le mille lune non sono bastate ad illudermi riguardo al reale possesso del tempo, alla consapevolezza della sua fugacità.
Così come, ogni tanto, di notte, mi ritaglio sprazzi di tempo, in solitudine, a scrutare la volta celeste, le stelle intermittenti e gli aerei che imperterriti volano da una parte all’altra del mondo, allo stesso modo rifletto sulla stanca volontà del mio esistere, come la luna di Pasolini, a cui non basta la sua lucentezza per smorzare gli inganni e non è sufficiente la sua nuova veste per ridare vigore alle illusioni del vivere umano. I grilli, con il loro canto sempre uguale, invece, sono in antitesi con l”incessante mutevolezza del tempo e dell’animo nostro.
Analizzando la poesia, dal punto di vista metrico e stilistico, si evincono nei versi liberi, un tono colloquiale ma ricercato, ossimori e contrasti: luce/stanca luce, serenità/stanchezza, eternità/mutamento. L’uso simbolico della luna e della campagna che rappresentano il ciclo della natura, l’eterno ritorno, ma anche la distanza tra la realtà esterna e la percezione interiore. Evidente è l’allitterazione nei primi versi della lettera “m” (“Ma è mutato il cuore”) e della “s” di scura e serena”.
Mi piace concludere la mia analisi con una comparazione tra “Alla Luna” di Leopardi e questa lirica senza titolo di Pasolini: la luna e il paesaggio notturno assumono un ruolo di specchio e catalizzatore della riflessione interiore, sebbene con esiti diversi. In Leopardi, la luna suscita il ricordo doloroso del passato e una malinconica accettazione della condizione umana, mentre in Pasolini, autore che fa del materialismo storico e della dialettica hegeliana i suoi dettami principali, il paesaggio lunare, quasi spettrale, evoca il decadimento e la perdita di innocenza, riflettendo la crisi della modernità.
La luna non è solo un elemento naturale, ma diventa un simbolo che permette al poeta di riflettere su se stesso e sulla realtà circostante; essa consente, come il paesaggio notturno e la campagna, di esplorare temi legati alla memoria, al tempo e alla condizione umana, esprimendo un profondo scoramento.
Leopardi assapora una dolce tristezza, accettando il dolore come parte della vita, mentre Pasolini esprime un senso di angoscia e disperazione di fronte alla realtà che osserva e tutto ció incide, inevitabilmente sui diversi linguaggi adoperati: Leopardi usa un linguaggio lirico e musicale, mentre Pasolini predilige un linguaggio più diretto e crudo, che riflette la sua visione più critica e disincantata.
Entrambi rappresentano, a mio modesto parare, un sapere imprescindibile ed immortale, quanto mai attuale e di una bellezza imperitura ed unica.
Annalisa Capaldo