Grande apprezzamento per Domenico Guida, autore e compositore musicale. È giunto da Roma alla “Mondadori Store” di Nocera Inferiore, grazie alla Pro Loco della città. Ha presentato la sua ultima composizione “Le istantanee di un Atmonauta”, una raccolta di poesie e versi, che si riallaccia all’omonimo fumetto di “Atmonauta”. Il graphic-novel, scritto parallelamente al disco, che racconta le storie di Atmo, l’alter ego di Domenico Guida.
Chi è “Atmo”?
Atmo è una specie di supereroe, ma dei giorni nostri. È una persona che non fa tanto caso ai suoi superpoteri. Ha la facoltà di navigare nel tempo e nello spazio, ogni volta che si avvicina a qualcosa di artistico. Atmo sono io. Un “Io” inteso come tutte le persone che si esprimono artisticamente.
Invece, chi è Domenico Guida?
Sono un musicista da sempre, fotografo, produttore e scrittore. Questo, però, è il mio primo libro di poesie. Ho fatto varie grafic-novel e sceneggiature. In realtà mi occupo anche di comunicazione da una decina di anni. Ma fin da piccolo mi sono sempre dedicato alla musica, alla poesia, alla scrittura e all’arte.
Come nasce il libro “Le istantanee di un Atmonauta”?
Il prodotto è un po’ particolare, perché nasce da ispirazioni fotografiche. Sono mie fotografie, di strada. Per esempio la poesia “Retorika” è scaturita dalla vista di un barcone nel 2019 a largo di Lampedusa e decisi di scrivere questa poesia, che poi ho musicato. Le fotografie spesso mi hanno ispirato dei testi e dei versi. Molte sono diventate canzoni. Il mio format è proprio quello di leggere le poesie, intervallate da canzoni in un genere che può incontrare una platea come questa.
L’opera è composta da tre parti principali: le “istantanee”, la “dagherrotipia” e la “multiesposizione”. Ce le può descrivere?
Le istantanee sono come le polaroid, da cui poi si è ispirato “Instagram”, l’idea di concentrarsi proprio sull’attimo, irripetibile. Quindi l’essenzialità, il minimalismo di un’istantanea. Ed è stato fatto così anche l’ultimo album. Ovvero l’idea di portarsi dietro delle imperfezioni, che nascevano dalla natura dell’istantanea. Invece, la “dagherrotipia” è una tecnica che nasce tra gli ultimi anni dell’800 e inizio ‘900, in cui si ha lo sviluppo della foto direttamente su lastra con vari tipi di metalli. La differenza dell’istantanea è che il dagherrotipo aveva un effetto particolare, quasi tridimensionale, e le persone che si potevano permettere di fare questa foto le ornavano con oro e ricami. Ho definito questa parte dagherrotipia, proprio perché è una poesia più elaborata. L’ultima parte, ovvero, la multiesposizione, che è sempre una tecnica fotografica, l’ho definita così, invece, perché le poesie diventano anche canzoni, arrangiamenti, dei prodotti e addirittura dei video.
Da un punto di vista tecnico, invece, le poesie seguono uno schema metrico?
No, sono in verso sciolto. C’è l’uso di figure retoriche, ma non sono legate da una metrica. Sono poesie scritte di getto. I temi sono universali e appartengono a tutti.
La foto in copertina risale al primo volo col biplano, come mai questa scelta?
I fratelli Wright hanno avuto il coraggio di inventarsi le ali. Da sempre l’uomo vuole superarsi e raggiungere qualcosa a cui tendere. Loro rappresentano l’ennesimo genio umano a cui mi ispiro. L’Atmonauta è una parola tecnica per quelli che si tuffano nell’aria. Io ho paura di volare e lo faccio con la fantasia.
Hanno dialogato con l’autore Pina Esposito, presidente della Pro Loco “Nocera di tutti”, e Fiorella Cappelli, giornalista e scrittrice. Quest’ultima ha ricevuto anche un riconoscimento durante l’evento. Alcune letture sono state curate dai soci dell’associazione.
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