
Nella primavera dell’anno 56, mentre si trova a Efeso, Paolo ha notizie della comunità di Corinto, una comunità cristiana da lui fondata qualche anno prima; dal 50 al 52 si era fermato nella capitale dell’Acaia, per un anno e sei mesi, poi si era allontanato e adesso da qualche anno mancava da Corinto. A Efeso ha notizie di questa comunità; non sono notizie brillanti, anzi, sono notizie di problemi e quindi decide di scrivere ed ecco la prima lettera ai Corinzi che noi iniziamo a leggere. Nasce proprio come reazione di Paolo alle notizie che ha ricevuto riguardo alla comunità di Corinto, la prima parte della lettera, i capitoli da 1 a 6 sono reazione alle notizie,
mentre la seconda parte della lettera, dal capitolo 7 fino alla fine, al
capitolo 16 si tratta di risposte puntuali che l’apostolo offre a delle
domande che gli erano state poste per iscritto da una delegazione di
Corinzi che lo aveva visitato proprio a Efeso. Due parti ben distinte
quindi. Iniziamo naturalmente dalla prima e ci troviamo di fronte a queste reazioni di Paolo alle notizie ricevute. Gli argomenti sono
sostanzialmente quattro.
Innanzitutto troviamo il problema della divisione nella comunità di Corinto a cui l’apostolo dedica i primi 4 capitoli. È una tematica che gli sta particolarmente a cuore e la affronta con una grande apertura teologica. Poi nei capitoli 5 e 6 affronta altre due o tre questioni; innanzitutto un caso concreto, una situazione di immoralità grave all’interno della comunità. È il cosiddetto caso dell’incestuoso, poi la brutta abitudine che si era creata nella comunità di Corinto, di ricorrere ai tribunali pagani per risolvere problemi fra cristiani, e un problema che doveva essere molto vivo in quell’ambientmalfamato di Corinto, che noi chiamiamo con il termine greco di “porneia” perché è difficile tradurlo se non vagamente con “problemi di disordini sessuali”
Ci fermiamo qui con l’esegesi. Paolo, in altre lettere, indicherà a varie comunità il rischio di dividersi. Francesco ha dovuto barcamenarsi durante il suo pontificato tra tradizionalisti, conservatori e progressisti all’interno di gerarchie cardinalizie, episcopati eccetera eccetera. A furia di compromessi, da possibile rivoluzionario è diventato un illuminato e a volte schizzofrenico riformista, grande annunciatore ma solo parziale esecutori di cambiamenti. Ora preverrà quale corrente e chi riuscirà ad esprimerla all’interno del Conclave sintetizzandola nel nuovo Pontefice ? In tanti dicono che si passerà al riformismo al moderatisimo per tenere bada il rischio di ulteriori divisioni e addirittura di scisma.