Il boss era detenuto in Sicilia, ma effettuava videochiamate dal carcere per dare direttive anche al sindaco. È quanto emerge dal racconto di uno dei collaboratori di giustizia che hanno permesso all’Antimafia di ricostruire l’inquietante patto camorra-politica per indirizzare il voto del 2020 a Poggiomarino. Sono finiti agli arresti domiciliari il sindaco Maurizio Falanga, il suo vice Luigi Belcuore e il faccendiere Franco Carillo, quest’ultimo ritenuto l’ideatore del patto scellerato tra il centrodestra poggiomarinese e il clan guidato da Rosario Giugliano, alias o minorenne, soprannome guadagnato dal 63enne in ambienti vicini all’ex superboss, poi pentito, Pasquale Galasso che lo aveva arruolato ancora adolescente come killer di camorra. Da poco più di un anno, anche Giugliano è collaboratore di giustizia e ha raccontato con dovizia di particolari quanto era già stato in parte ricostruito nel corso delle indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo del Gruppo di Torre Annunziata, coordinate dalla Dda di Napoli (procuratore aggiunto Sergio Ferrigno, sostituto Giuseppe Visone). La mansarda del boss Rosario o minorenne era bersaglio di intercettazioni anche da parte della Dda di Salerno, visto che il suo quartier generale era a Pagani. Lì, Giugliano avrebbe incontrato politici e imprenditori, ma soprattutto Franco Carillo, ritenuto l’intermediario del patto politica-camorra. Il reato contestato ai tre arrestati e al boss pentito Giugliano è quello di scambio elettorale politico-mafioso. Accuse pesanti, per le quali tutti gli indagati avranno modo di difendersi a partire dall’interrogatorio di garanzia.
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