
Quando comincia un nuovo anno ognuno di noi, anche il più disincantato e disilluso, prova una sensazione di speranza quasi magica e irreale nel pensare al domani.
Ci prende una specie di solletico nelle viscere che ci fa illudere in un futuro diverso, più bello, privo delle iniquità vissute lo scorso anno e si è portati a dare vani auguri anche agli altri, a chi magari non se le pone proprio queste quistioni.
Ho scritto il vero bilancio del mio anno e l’ ho lasciato nelle bozze perché troppo crudo e realistico, quasi avvilente, e poi perché il bilancio di un anno non termina dopo 365 giorni, ma prosegue finché siamo in vita.
Ci dispiace dire la verità a Capodanno, evitiamo i lamenti almeno il primo giorno dell’ anno, sembra brutto esternare le proprie reali idee, e cioè che domani nulla sarà cambiato, che andremo a lavorare svegliandoci alle 6 ogni mattina, sperando il treno sia puntuale, promettendoci che quella sarà l’ultima sigaretta, giurando di sopportare le colleghe saputelle con il diplomuccio incartapecorito, auspicando di fare quelle doverose analisi del sangue ed ecografie che rimandiamo da troppo tempo per mancanza di tempo.
Insomma oggi saremo ancora più fasulli degli altri giorni ed avremo i cellulari pieni zeppi di fuochi d’artificio, che tra l’altro detesto e sono simbolo d’inciviltà, di parole come speranza, felicità, gioia, novità, opportunità, soldi, successo e bla bla bla… Sappiamo bene che resteranno solo parole, i buoni propositi spariranno già il 2 gennaio per i più.
Ma a qualcuno fa bene crederci almeno al momento del brindisi di Mezzanotte e delle lenticchie simbolo di abbondanza e prosperità e a pochi viene in mente di rattristarsi pensando alle bombe di Gaza, dell’ Ucraina, delle sparatorie in Africa e dei bambini morti a causa della penuria di cibo, acqua e medicine.
Penseremo a gozzovigliare pure oggi, insomma. Per il primo anno io mi sono astenuta da tanti luoghi comuni e mi sono sentita meglio.
L’amore è un concetto abusato come quello di fedeltà e di pace: mancano una serietà organica, una coscienza collettiva basata sul rispetto e sulla sincerità, il coraggio di dire sempre la verità.
Non abbiamo meno paura delle malattie gravi o incurabili a Capodanno, non siamo più speranzosi né tantomeno più onesti e più buoni: domani avremo di nuovo il fucile spianato contro il nuovo collega, ci sentiremo ancora una volta più bravi, più magri, più belli del vicino, dell’ immigrato, dell’ altro.
Smettiamola con queste manfrine!
Speriamo solo che il 2024 non ci porti via nessuno dei nostri cari e che ci renda persone più meritevoli.
Tutto qua.
Annalisa Capaldo